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Sezione
Interventi e Comunicazioni
15 Febbraio 2018
27 Gennaio 2017
15 Febbraio 2018
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Intervento - Giornata della Memoria 2017

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La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la barbarie della Shoah (lo sterminio del popolo ebraico), delle leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, e tutti gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, sì sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Il Giorno della Memoria diventa una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime dell’Olocausto. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1 novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto.

Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Pertanto noi vogliamo ricordare il nostro Olocausto che non è mai terminato dal 1834 (CC RR Giovanni Battista Scapaccino) ad oggi, anche noi deportati eravamo ad Auschwitz, in particolare in quel periodo i nazisti presero di mira i Carabinieri per gli atti di opposizione realizzati durante l’avanzata in Italia: la resistenza nella Città di Napoli, la battaglia di Roma, fatta da pochi reparti di Carabinieri, la resistenza a Ponte della Magliana ad opera del 2° Battaglione Allievi Carabinieri del Reggimento Pastrengo a Cavallo, la resistenza nel Castello Orsini, sede dello Stato Maggiore del Regio Esercito, da parte di una Compagnia dei CC RR che costerà ai tedeschi circa un terzo della forza paracadutata, e cioè circa 1000 uomini.

Per queste ragioni i nazisti finiscono per ritenere che l’unico vero ostacolo per raggiungere i loro obiettivo (la deportazione degli Ebrei che avviene il 16 ottobre 1943) siano proprio i Carabinieri. E per fermarli si ricorre prima all’inganno e poi alla deportazione. Il 7 ottobre 1943, dopo aver loro posto l’alternativa di aderire alla RSI, si consuma la deportazione nei lager nazisti di circa 2500 CC RR concentrati nella Scuola Allievi CC RR e l’8 agosto 1944 a Milano con l’inganno deportano nei lager altri 1000 CC RR e rastrellano nei vari fronti di guerra i CC RR inseriti nei vari reparti al fronte.

Per concludere voglio dire che questa nostra iniziativa è un omaggio, nient’altro che dovuto.

Monte Porzio Catone, 27 gennaio 2017.

Il Presidente

M.llo Capo r. o. Edoardo Zucca

Sezione
Interventi e Comunicazioni
10 Febbraio 2018
10 Ottobre 2017
15 Febbraio 2018
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EVOLUZIONE DELLA DEPORTAZIONE DEI CC RR DEL 7 OTTOBRE 1943 AVVENUTA A ROMA

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27 gennaio 2018

EVOLUZIONE DELLA DEPORTAZIONE DEI CC RR DEL 7 OTTOBRE 1943

In questi tempi bui, in cui molti vivono in ginocchio, morire in piedi sorridendo, è un grande privilegio.

Sono il Carabiniere Efisio Rosas, nato nel 1908 a Serri (Nuoro). Ero in servizio all’auto drappello della Scuola Allievi Carabinieri Reali ed il 7 ottobre 1943 sono stato catturato per essere deportato in Germania. Presumo di essere uno dei primi – se non il PRIMO - dei 602 morti nella deportazione dei miei commilitoni: infatti, l’8 ottobre nei pressi di Attigliano sono riuscito a scappare dalla tradotta piena di rastrellati e diretta ai lager. Non ho ragionato molto, io non sono mai stato un uomo di pensiero. Ho fatto il pastore da giovane ed ho imparato ad agire prima di pensare.
L’aria di libertà, il cielo azzurro ed i campi di un colore verde intenso mi hanno chiamato alla vita in modo irresistibile. Mi sono buttato giù dal treno durante una sosta ed ho iniziato a correre. Ho assaporato per poco quell’aria e la speranza di aver scampato la morte. Infatti appena giunto nei pressi dell’ingresso della galleria Ramicci lungo la linea ferroviaria verso nord all’altezza di Attigliano, una sentinella tedesca mi ha visto ed ha iniziato a sparare. Grande è stata la tentazione di girarmi e di scappare. Non ci sono riuscito. Non ho voltato le spalle ed ho continuato a camminare - ormai stanco - con il mio lento incedere da pastore sardo, da antico fenicio di Tharros, da vecchio legionario romano. Ho camminato il mio passo migliore, il passo da “parata” delle grandi cerimonie. Per un momento ho sentito anche rullare i tamburi...almeno così mi è parso. Ho camminato sorridendo incontro alla morte, respirando l’aria dell’autunno mite che spira lungo la valle del Tevere. Ho intravisto lo sbigottimento sul volto del soldato tedesco che mi inquadrava nel mirino, meravigliato da tanta serena noncuranza: non riusciva a capire che avrei preferito mille volte morire libero che vivere prigioniero. Io sorridevo, ma non per scherno; sorridevo come chi riesce finalmente a vedere il vero senso delle cose in un mondo del tutto privo di senso. Sorridevo come chi non ha altre risorse se non la sua onesta saggezza antica. Sorridevo come chi non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare. Il primo colpo mi ha preso ad una spalla ed ho pensato: ti prego buon soldato, non colpire le gambe, fa che io possa morire in piedi così come ho sempre vissuto. Il secondo colpo mi ha preso in pieno petto, ma ho continuato a camminare. Ho sperato di poter dire una bella frase eroica, ma proprio mentre la pensavo il terzo colpo mi ha fatto stramazzare al suolo. Il sangue è uscito copioso bagnando l’antico territorio degli etruschi e mischiandosi con mille altri rivoli rossi. Non sono dispiaciuto di come siano andate le cose. In fondo sono morto nella mia patria, in piedi e guardando in faccia il nemico. Ed ora, a distanza di tanti anni qualcuno si ricorda di me. Una vita – ed una morte – onorevole, direi. Invidiabile. Mi hanno rubato tutti gli averi e mi hanno sepolto sul greto del fiume Tevere. Le seimila lire, risparmi destinati ai miei parenti in Sardegna se le sono spartite tra i militari del corpo di guardia, come i legionari le vesti dei condannati alla crocifissione. Ringrazio ora per allora, i miei sconosciuti commilitoni Carabiniere Nunzio Piergiovanni, Segretario della locale Sezione ANC in Congedo e Fulvio Panfili Maresciallo in servizio - sbandato – presenti nella zona che hanno fatto il possibile per darmi degna sepoltura, organizzando il trasporto del mio cadavere già in avanzato stato di decomposizione, la mia inumazione ed interessandosi anche di far mettere un croce in travertino sulla mia tomba del cimitero di Lugnano in Teverina. Potrete anche non crederci, ma continuo a sorridere ancora...
Marco Gatta

Allegati:
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Interventi e Comunicazioni
23 Aprile 2016
23 Aprile 2016
23 Aprile 2016
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Intervento Introduttivo "Tacere non è un dovere"

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 Introduzione “Tacere non è un dovere”

Edoardo Zucca

Presidente Associazione Nazionale Carabinieri

Sezione “Appuntato Ippolito Cortellessa M.O.V.M.”

di Monte Porzio Catone

Innanzitutto un ringraziamento a tutti i presenti.

        

Oggi siamo in questa sala perché riteniamo necessario condividere con tutti voi, un progetto che come Carabiniere e come cittadino italiano mi sta molto a cuore. Il titolo è solo all’apparenza enfatico: Tacere non è un dovere significa finalmente rammentare a ciascuno di noi che gli eroi non sono solo coloro ai quali viene dato pubblico riconoscimento, attraverso onorificenze, ricorrenze e monumenti. Esistono anche altri eroi, sconosciuti ai più, ma che hanno agito nelle pieghe della storia immolando la propria vita seicento Carabinieri di ogni ordine e grado per tener fede alle loro idee.

Sono quindi eroi anche i colleghi che sul finire del secondo conflitto mondiale hanno sopportato venti mesi di umiliazioni, soprusi, maltrattamenti, punizioni corporali e psicologiche; persone che hanno patito la fame e sono state costrette, a dodici ore al giorno di lavori forzati, nel freddo dell’inverno tedesco. Questi uomini hanno compiuto atti di eroismo senza timore di essere uccisi, nella volontà di non tradire il proprio giuramento.

Leggi tutto: Intervento Introduttivo "Tacere non è un dovere"

  1. Auguri per le festività Pasquali 2016
  2. Intervento del 13 dicembre 2015
A.N.C. - Sezione "App. Ippolito Cortellessa M.O.V.M." Monte Porzio Catone - Via Roma 13/15 - C.F. 92025170587 - scrivi mail
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